Il gioco disegna il nostro futuro

Mi piace fare il papà. Chi mi conosce questo lo sa. A partire dai pannolini da cambiare, dalle pappe da preparare e dai vestitini da lavare (mansioni che ora mai non svolgo perché i miei figli sono grandi).

Mi piace anche dedicarmi ai lavori di casa: mettere in moto la lavatrice, fare la spesa, lavare i piatti, attaccare un bottone. Insomma tutto quello che è necessario fare per se stessi e per la famiglia.

Ma perché sto scrivendo questo?

Perché vorrei parlare di una cosa molto importante: il gioco.

Si perché è dal gioco e dai giocattoli che si impara a fare cose che poi da grandi ci verranno utili.

Eppure per i nostri piccoli a seconda che siano maschietti o femminucce scegliamo giocattoli differenti.

E lo facciamo perché esiste un condizionamento sociale delle resistenze e fattori culturali.

Starete pensando: certo Lino, è giusto così perché vedere un bambino che gioca con una bambola e fa girare una lavatrice giocattolo fa impressione.

Eppure quel bambino crescerà, diventerà un uomo e avrà dei figli da abbracciare, da accudire, da cambiare. Ma quello stesso uomo dovrà anche occuparsi di se stesso, della sua famiglia e di quell’elettrodomestico che per molti uomini è sconosciuto: la lavatrice.

Dove voglio arrivare con questo discorso?

Che giocare ci prepara al futuro, che i giochi non influenzano l’orientamento sessuale e che contribuiscono alla creazione dei ruoli che avremo e ci prenderemo da grandi.

Nei pomeriggi invernali quando ero piccolo mia madre mi insegnava a cucire, lavare i piatti, stirare. Eppure a quei tempi erano considerate mansioni femminili. Ma mia madre non aveva questo pregiudizio.
Tra l’altro mi veniva semplice farlo perché giocavo spesso con i giocattoli di mia sorella (fili, aghi, cucine giocattoli etc.)

Non so se amo fare il papà perché ho tenuto in braccio il cicciobello di mia sorella.
Ritengo però che la scelta dei giocattoli può cambiare il modo di vivere delle singole persone e di una società. E il gioco fa parte della struttura dell’educazione.

I ruoli che rivestiremo da grandi sono lo specchio dei ruoli in cui abbiamo giocato da piccoli.

L’ipnosi al di là della psicologia

C’è sempre un po’ di diffidenza verso l’ipnosi. Eppure i fondamenti di questo trattamento sono scientifici e nulla hanno a che vedere con il mondo magico.

Nel 1942 in Inghilterra un certo Ward, medico chirurgo, amputò una gamba ad un paziente utilizzando l’ipnosi come anestesia.
Dopo l’Intervento il paziente riferì di non aver sentito nessun dolore.

Ancora oggi l’ipnosi è utilizzata in sala operatoria come anestesia su pazienti allergici alle anestesie farmacologiche.

In campo odontoiatrico è utilizzata da tempo per estrazioni, impianti e piccoli interventi in assenza di dolore.

In ginecologia ed ostetricia per aiutare le mamme a partorire senza dolore e ansia.

In campo medico per la cura di cefalee, emicranie, articolazioni, dolori di natura neoplastica e nelle malattie autoimmuni.

Per sedare l’ansia e il dolore in esami diagnostici invasivi.

Nello sport è utilizzata a livello agonistico per aumentare la concentrazione e le prestazioni degli atleti.

Nel campo dell’apprendimento per potenziare le capacità mnestistiche.

Insomma l’idea dell’ipnosi delimitata al solo mondo della psicologia è cambiata.